IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 556 del 1997 proposto dalla Bettiol s.r.l., in persona del legale rappresentante ing. Enrico Bettiol, rappresentata e difesa dall'avv. Beatrice Tomasoni e presso la stessa domiciliata in Trento, via Serafini, n. 9, contro l'I.T.E.A. - Istituto trentino per l'edilizia abitativa, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dall'avv. Daria de Pretis e presso la stessa domiciliato in Trento, via SS. Trinita' n. 14, e nei confroni della Zorzi Renato C. s.n.c. di Trento, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Flavio Maria Bonazza e presso lo stesso domiciliata, in Trento, via Oriola - Galleria Adria n. 12; per l'annullamento previa sospensione: del provvedimento di aggiudicazione alla impresa Zorzi Renato C. s.n.c. dei lavori da termoidraulico relativi ai lavori di costruzione di un edificio pluriuso a Trento, via Fermi per la realizzazione di n. 67 alloggi, un asilo ed un distaccamento di polizia urbana, di cui al verbale di licitazione dd. 11 novembre 1997, n. rep. 15446; nonche' di ogni atto presupposto, connesso e susseguente, ivi compresa la nota dell'Itea dd. 5 dicembre 1997, a firma del dirigente generale dott. Duiella. Visto il ricorso ed i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'Amministrazione intimata e dell'impresa controinteressata; Visti gli atti tutti della causa; Uditi sulla domanda incidentale di sospensione nella Camera di Consiglio dell'8 gennaio 1998 - relatore il consigliere Gianfranco Bronzetti - l'avv. Beatrice Tomasoni per la parte ricorrente, l'avv. Daria de Pretis per l'Istituto resistente e l'avv. Flavio Maria Bonazza per la Societa' controinteressata; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: F a t t o Con ricorso notificato in data 15 dicembre 1997 l'Impresa Bettiol s.r.l. esponeva di aver partecipato alla gara d'appalto, mediante licitazione, indetta dall'Istituto trentino per l'edilizia abitativa (I.T.E.A.) con bando del 16 luglio 1997 per opere da termoidraulico (importo a base di gara di L. 1.934.130.000) - relativa ai lavori di costruzione di un edificio pluriuso sulla p.f. 1160/1 in C.C. Trento, via Fermi, per la realizzazione di n. 67 alloggi, un asilo nido e un distaccamento di polizia urbana - o di essersi classificata seconda. Precisava ancora la ricorrente che l'appalto de quo prevede, fra l'altro, la realizzazione di determinate categorie di opere - impianti elettrici al di fuori della centrale termica (con particolare riguardo ai lavori di collegamento fra la stessa centrale e le singole unita' abitative) - per le quali e' necessaria la speciale abilitazione prevista dalla legge 5 marzo 1990, n. 46 (Norme per la sicurezza degli impianti), abilitazione non posseduta dall'Impresa Zorzi aggiudicataria dell'appalto. Invero, ad avviso della ricorrente detta Impresa e' in possesso dell'abilitazione di cui alla citata legge limitatamente all'impiantistica elettrica della centrale termica e, d'altra parte, essa non ha reso la dichiarazione di subappalto prevista dalla lettera di invito dell'8 ottobre 1997. Pertanto l'Impresa Bettiol proponeva la presente azione avverso il provvedimento - di cui al verbale di licitazione dell'11 novembre 1997, n. 15446 - di aggiudicazione dell'appalto in parola alla Zorzi s.n.c., nonche' la nota dell'I.T.E.A. del 5 dicembre 1997 - con la quale, in concreto, si conferma la legittimita' dell'aggiudicazione - chiedendone l'annullamento, previa sospensione, e decudendo le seguenti censure in diritto: Violazione di legge per falsa applicazione della lex specialis costituita dal bando di gara e dalla lettera di invito - Eccesso di potere per falsa manifestazione della realta' e per carenza di presupposti, irragionevolezza ed ingiustizia manifesta - Violazione di legge nonche' falsa applicazione ed errata interpretazione degli artt. 1 e 2 della legge 5 marzo 1990, n. 46 - Eccesso di potere per violazione e falsa applicazione delle norme CEI 44-5 e 64-8. Si costituivano in giudizio sia l'Amministrazione intimata che l'Impresa controinteressata, le quali contestavano la fondatezza dei motivi addotti, chiedendo il rigetto del ricorso e della formulata istanza di provvedimento cautelare. Nella Camera di Consiglio dell'8 gennaio 1998 veniva discussa la questione relativa alla domanda incidentale di sospensione e la causa e' stata quindi trattenuta in decisione. D i r i t t o 1. - Il ricorso in esame, riferendosi a lavori connessi con un appalto di opere pubbliche, ricade sotto la disciplina dell'art. 19 del d.-l. 25 marzo 1997, n. 67 (contenente "Disposizioni urgenti per favorire l'occupazione"), convertito con modificazioni dalla legge 23 maggio 1997, n. 135. Ora, i commi 1 e 3, del citato art. 19 (recante "Norme sul processo amministrativo") dispongono rispettivamente che "il tribunale amministrativo regionale, chiamato a pronunciarsi sulla domanda di sospensione, puo' definire immediatamente il giudizio nel merito, con motivazione in forma abbreviata. Le medesime disposizioni si applicano davanti al Consiglio di Stato in caso di domanda di sospensione della sentenza appellata" e che "tutti i termini processuali sono ridotti della meta' ed il dispositivo della sentenza e' pubblicato entro sette giorni dalla data dell'udienza con deposito in Cancelleria". Tali disposizioni normative, consentendo al giudice amministrativo di superare la richiesta fase cautelare con una pronuncia sul merito attraverso una procedura sommaria, consistente anche nel dimezzamento di tutti i termini processuali (pure nel grado d'appello), fanno sorgere al Collegio, in sede applicativa delle stesse, seri dubbi di legittimita' costituzionale con riferimento agli artt. 3, 24, 103, primo comma, 113 e 125, secondo comma, Cost.. 2. - Il Collegio ritiene in primo luogo non manifestamente infondata la questione di costituzionalita', che sollevasi d'ufficio, per contrasto con le citate disposizioni costituzionali, dell'art. 19, comma 1 e 3 del decreto-legge n. 67 del 1997, come modificato con la legge di conversione 23 maggio 1997, n. 135 in base al quale, come si e' piu' sopra evidenziato, il Tribunale amministrativo regionale, chiamato a pronunciarsi come nella fattispecie, sulla domanda di sospensione dell'atto impugnato, puo' passare direttamente alla decisione di merito, saltando la fase cautelare, senza una specifica concorde richiesta delle parti in tal senso. Nessun dubbio sussiste, poi, sulla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale di cui trattasi, dato che la pronuncia in ordine alla stessa incidera' in maniera determinante sulla possibilita' o meno da parte di questo giudice di assumere l'indicata pronuncia nell'attuale fase processuale. Con particolare riguardo al comma 2 il Collegio non puo' non rilevare che una siffatta facolta' attribuita al giudice al di fuori ed indipendentemente da una previa e specifica fissazione della udienza di discussione nel merito del ricorso (essendo soltanto fissata la Camera di Consiglio per la discussione e la decisione della istanza di sospensione) appare lesiva del diritto di difesa, garantito dagli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione e si risolve, altresi, in una illegittima limitazione della facolta' di richiedere ed ottenere un provvedimento cautelare. Il carattere essenziale ed ineliminabile del procedimento cautelare e la sua intima compenetrazione con il processo di merito nell'ambito del sistema di giustizia amministrativa e' stato piu' volte evidenziato dalla Corte costituzionale (sentenze nn. 284/1974; 227/1975; 8/1982; 190/1985; 249/1996), la quale ha anche sottolineato la illegittimita' della esclusione o della limitazione del potere cautelare con riguardo a determinate categorie di atti o al tipo di vizio denunciato e la necessita', alla stregua dei principi costituzionali, del procedimento cautelare anche in sede di appello (sent. n. 8/1982 citata), giudizio questo che risulta del tutto soppresso nel grado d'appello alla luce del secondo periodo contenuto nel secondo comma in esame il quale prevede che "le medesime disposizioni si applicano davanti al Consiglio di Stato in caso di domanda di sospensione della sentenza appellata". In ogni caso va ribadito che nel giudizio di primo grado, rilevante nel caso di specie, il ricorrente, ove si determini, nella materia di cui trattasi, a richiedere un provvedimento cautelare, potra' vedere convertita, ad esclusiva opera del giudice e quindi in aperto contrasto con il generale principio dell'impulso di parte proprio del processo amministrativo, la sua istanza cautelare in una (richiesta) di trattazione e decisione immediata nel merito del ricorso, peraltro con procedura sommaria. In altre parole, il legislatore ha previsto che, ai fin di celerita' del processo amministrativo nella materia in questione, il giudice abbia la facolta' di sopprimere la fase cautelare e di definire giudizio nel merito ed ha attribuito tale facolta' di scelta senza individuare modalita' e presupposti in presenza dei quali il giudice stesso possa legittimamente esercitarla. Si tratta, quindi, una illegittima soppressione dell'essenziale giudizio cautelare o quanto meno di una sua grave compromissione, inaccettabile anche alla luce della direttiva comunitaria 665/1989 (c.d. direttiva ricorsi), in base alla quale "gli Stati membri prendono i provvedimenti necessari per garantire che, per quanto riguarda le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici disciplinati dalle direttive 71/305/CEE e 76/62/CEE, le decisioni prese dalle autorita' aggiudicatrici possano essere oggetto di un ricorso efficace e, in particolare, quanto piu' rapido possibile ...". Con siffatta direttiva, infatti, si intende perseguire la "efficacia" mediante la attuazione delle disposizioni contenute nell'art. 2.1 della stessa direttiva n. 665/89 e quindi mediante l'adozione con la massima sollecitudine e con procedura d'urgenza di "provvedimenti provvisori intesi a riparare la violazione o impedire che altri danni siano causati agli interessi coinvolti, compresi i provvedimenti intesi a sospendere o a far sospendere la procedura di aggiudicazione pubblica di un appalto o l'esecuzione di qualsiasi decisione presa dalle autorita' aggiudicatrici" (lett. a); provvedimenti provvisori, quindi, da prevedersi necessariamente negli ordinamenti giuridici degli Stati membri. Per contro, nel sistema emergente dall'art. 19, comma 2, del decreto-legge n. 67 del 1997 (e della legge di conversione) al ricorrente che intenda avere, come e' suo diritto, un procedimento ordinario non resta altra alternativa che rinunciare alla proposizione dell'istanza di provvedimento cautelare al fine di impedire al giudice di convertirla in richiesta meritale a carattere sommario: in tal modo il ricorrente viene anche posto in una posizione processuale deteriore rispetto a quella dell'amministrazione e del controinteressato, con palese violazione, dell'art. 3 in relazione all'art. 24 della Costituzione. D'altra parte, una rinuncia (obbligata) alla fase cautelare (per ottenere un normale giudizio di merito nel quale esplicare appieno il diritto di difesa) puo' comportare la definitiva compromissione della posizione giuridica del ricorrente, senza che sia sempre possibile una reintegrazione della stessa attraverso il risarcimento del danno subi'to (reintegrazione che comunque non puo' mai porsi in via alternativa rispetto alla fase cautelare in base alla sopra illustrata direttiva comunitaria). Il risarcimento del danno, in materia di appalti pubblici di lavori o di forniture, e', infatti, previsto solo in relazione a lesioni causate da atti compiuti in violazione del diritto comunitario o delle relative norme di recepimento (art. 13, legge 19 febbraio 1992, n. 142), mentre l'analoga previsione, contenuta originariamente nell'art. 32, legge n. 109 del 1994 (e relativa alle lesioni derivanti da atti compiuti in violazione della stessa legge e del relativo regolamento) e' stata eliminata ad opera dell'art. 9-bis del decreto-legge n. 101 del 1995. La rinuncia obbligata alla fase cautelare per ottenere un ordinario giudizio di merito nel quale esplicare appieno il diritto di difesa, nel senso sopra illustrato, non e' stata mai, del resto, prevista in precedenza: tanto e' vero che la Corte costituzionale con la sentenza 16 luglio 1996, n. 249, ha dichiarato infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 31-bis della legge n. 109 del 1994 (come introdotto dall'art. 9, decreto-legge n. 101/1995, convertito in legge n. 216/1995) in quanto tale norma, al terzo comma, attribuendo all'amministrazione e al controinteressato la facolta' di chiedere la trattazione urgente del merito, non esclude comunque che il giudice sia tenuto a pronunciarsi sulla domanda di sospensione del provvedimento impugnato. 3. - Appare quindi evidente che le riportate prescrizioni normative dell'art. 19 del decreto-legge n. 67 del 1997 (con la relativa legge di conversione), introducendo una procedura sommaria del tutto anomala, vengono a ledere il fondamentale principio della difesa e della piu' ampia tutela giurisdizionale, con peculiare riguardo alla fase cautelare: e cio' anche in riferimento ai termini processuali (la cui natura e' tendenzialmente decadenziale), non potendosi disconoscere la stretta correlazione fra i commi 2 e 3 della citata norma. Risulta cosi' palese il contrasto fra tali prescrizioni e la portata generale del giudizio cautelare cosi' come fissato dall'art. 21, ultimo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, con conseguente violazione, per l'ingiustificata ed irrazionale procedura (soppressiva) introdotta in materia, delle sopra richiamate norme costituzionali. Alla luce delle considerazioni esposte, il Collegio ritiene non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 19, commi 2 e 3 del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67 (convertito con la legge 23 maggio 1997, n. 135) innegabile essendo d'altra parte la sua rilevanza ai fini della decisione, in via cautelare o nel merito, del ricorso in epigrafe.